        In Gara 2 a Phillip Island, complice il ritiro di Toprak Razgatlioglu, unico a tenere testa in Gara1 alle Ducati, la casa di Borgo Panigale ha piazzato ben sei V4 R nelle prime posizioni lasciando ai rivali solo le briciole. Ducati in passato ha per&ograve; fatto anche di meglio, ecco come e quando. Razgatlioglu tuona: "&Egrave; una Coppa Ducati, potrei lasciare la SBK"  Le accuse di Toprak Razgatlioglu Il pilota turco al termine del primo round stagionale ha espresso il proprio parere sull&rsquo;elevata competitivit&agrave; della Panigale V4 R in mano a praticamente tutti i piloti: &ldquo;Quest&rsquo;anno tutte le Ducati erano davanti e questo non &egrave; normale.&nbsp;Per questo dico che sembra una Coppa Ducati pi&ugrave; che un Mondiale&rdquo;. Minacciando di lasciare il mondiale SBK se le cose non dovessero cambiare. Le parole di Toprak Razgatlioglu hanno ovviamente diviso gli appassionati tra chi difende il turco accusando Ducati di &ldquo;uccidere&rdquo; il campionato e chi invece attacca il campione del mondo che nella passata stagione ha sfruttato le superconcessioni per portare a casa il titolo mondiale. Come spesso accade in questi casi la verit&agrave; sta nel mezzo, l&rsquo;attuale regolamento SBK (da diverso tempo ad essere onesti) &egrave; oggetto di critiche tra chi lo vorrebbe pi&ugrave; simile alla vecchia Superstock e chi invece lo vorrebbe molto pi&ugrave; libero come &egrave; stato fino ad una dozzina di anni fa. Su questo argomento ci sar&agrave; tempo e modo di provare ad affrontarlo in maniera costruttiva nel prossimo futuro perch&eacute; dal 2027 le MotoGP con il nuovo cambio regolamentare diventeranno circa 2/3 secondi pi&ugrave; lente su ogni pista avvicinandosi alle prestazioni attuali delle SBK che di conseguenza dovr&agrave; venire rallentata in qualche modo per evitare che diventino pi&ugrave; veloci dei prototipi, main business di Dorna. Quello di cui parleremo &egrave; un biennio 2003-2004 in cui Ducati con l&rsquo;arrivo della 999 F03 monopolizz&ograve; nono solo le posizioni del podio ma l&rsquo;intera top10.  SBK Australia, Bulega: &ldquo;Sportivamente parlando la settimana pi&ugrave; bella della mia vita&rdquo;  Prosegue nella pagina successiva &nbsp; Ducati 999: l&rsquo;ammazza campionati Dopo lo storico duello tra Troy Bayliss e Colin Edwards nel 2001 e 2002 terminato con un titolo iridato a testa, Ducati nel 2003 port&ograve; in pista una nuova, discussissima, moto: la 999 F03. Nonostante il titolo conquistato nell&rsquo;ultima incredibile manche ad Imola da Colin Edwards sulla Honda VTR 1000 SP2, la casa di Borgo Panigale si port&ograve; a casa il titolo costruttori con una classifica di campionato che a fine stagione vedeva ben sei Ducati nella top8 con i soli Edwards e Noriyuki Haga (su Aprilia, quarto) a rompere il dominio Ducati nelle prime posizioni. L&rsquo;arrivo della 999 ed il contemporaneo passo indietro di Honda e Aprilia nel 2003 furono l&rsquo;anticamera del biennio di dominio della casa di Borgo Panigale. Dei quindici mondiali corsi dal 1988 al 2002, Ducati aveva conquistato gi&agrave; undici titoli costruttori e da met&agrave; degli anni &rsquo;90 grazie al proprio programma &ldquo;clienti&rdquo; erano molti i piloti a schierare le moto della &ldquo;serie perfetta&rdquo; in configurazione RS, quella appunto riservata ai privati e non troppo lontane delle prestazioni delle F &ldquo;ufficiali&rdquo;. Con l&rsquo;arrivo della 999 F03 affidate agli ufficiali Neil Hodgson e Ruben Xaus e le &ldquo;vecchie&rdquo; 998 F02 affidate al team HM Plant Ducati, Ducati chiuse il 2003 con 24 successi su 24 manche disputate. Una stagione perfetta che ad &egrave; l&rsquo;unica nella storia della SBK. Il titolo and&ograve; ad Hodgson che precedette Xaus conquistando rispettivamente dodici e sette successi, le 998 F02 passate al team HM Plant Ducati con James Toseland, terzo, e Chris Walker, sesto. La 998 F02 conquist&ograve; anche due successi a Brands Hatch grazie a Shane Byrne, wildcard nel WorldSBK e campione del BSB nel 2003 proprio con la &ldquo;vecchia&rdquo; 998 F02. La quarta posizione in campionato and&ograve; a Regis Laconi con la Ducati 998 RS del team Caracchi NCR Nortel Network a precedere l&rsquo;unico pilota non Ducati nella top10 iridata che, ironia della sorte, &egrave; l&rsquo;attuale Direttore Esecutivo WorldSBK: Gregorio Lavilla. Lo spagnolo sulla Suzuki GSX-R1000 conquist&ograve; sette podi, portando la casa di Hamamatsu sul podio, unica casa a riuscirci oltre a Ducati in quell&rsquo;incredibile stagione che vide anche John Reynolds, wildcard a Brands Hatch e Assen salire proprio in Gara 2 della tappa inglese sul podio portando a 8 i podi della casa giapponese. Il gruppo delle Ducati prosegue poi con il gi&agrave; citato Walker a precedere Pierfrancesco Chili, una vittoria e cinque podi con la 998 RS che gli valgono il settimo posto in campionato davanti a Steve Martin, Lucio Pedercini e Marco Borciani decimo nella classifica iridata. La storia non cambi&ograve; nel 2004 nonostante l&rsquo;arrivo della nuova Honda CBR1000RR che riusc&igrave; a vincere quattro manche nelle mani di Chris Vermeulen, unico ancora una volta a mettersi nelle prime posizioni in una classifica che a fine campionato nelle prime otto posizioni conta addirittura sette Ducati, che diventano 8 in top10 con Troy Corser sulla Petronas FP1 ad infilarsi in nona posizione.  SBK, Augusto Fernandez al posto di Jonathan Rea a Portimao       

Toprak stizzito accusa la Superbike di essere un monomarca per le moto di Borgo Panigale, il dominio della casa bolognese in passato fu ancora pi&ugrave; impressionante

SBK Amarcord: Ducati Cup, nel 2003 nove “rosse” in top10 a fine stagione

        Il 2024 &egrave; stato un anno davvero intenso e ricco di grandi emozioni, ma non sono state tutte positive. Uno dei momenti pi&ugrave; bui, ma al contempo sentiti, di questa annata &egrave; stato infatti senza ombra di dubbio il weekend in cui Luca Salvadori ha purtroppo perso la vita in un tragico incidente a Frohburg, tracciato cittadino tedesco in cui si stava svolgendo l'ultima prova dell'International Road Racing Championship. Trattandosi di una delle figure pi&ugrave; celebri ed amate a livello nazionale e non solo, soprattutto per via del doppio ruolo di pilota e youtuber, la scomparsa del centauro milanese ha lasciato un grande vuoto nel panorama delle due ruote e sono stati in tantissimi a ricordarlo. Tra questi vale la pena citare Filippo Rovelli, che con il team Pistard ha deciso di non correre le ultime gare del National Trophy 1000 per farlo vincere proprio a Salvadori, o David Datzer, che con Luca ha condiviso proprio il paddock dell'IRRC dedicandogli poi il trionfo al termine di quel terribile weekend di settembre. Non solo MotoGP: Pedro Acosta brilla (anche) nell'enduro  L'omaggio di Alessandro Delbianco  L'omaggio pi&ugrave; recente al &ldquo;Sir&rdquo; &egrave; quello che ha deciso di fare Alessandro Delbianco, tra i piloti pi&ugrave; talentuosi ed apprezzati del CIV SBK, il quale si &egrave; tatuato il 23, numero di gara di Luca, sul proprio polso destro. Un gesto simbolico di grande importanza visto che proprio a destra &egrave; posta la manopola del gas, come evidenziato dallo stesso DB sui propri canali social: &ldquo;Sarai sulla mia manopola destra per sempre&rdquo;. L'ultima vittoria di Byrne: "Shakey" ha vinto la causa contro il BSB       

Alessandro ha deciso di farsi tatuare il 23, numero di gara del compianto Luca, sul polso. Un gesto che evidenzia ulteriormente il vuoto lasciato dal pilota-youtuber

Delbianco omaggia Salvadori: “Sulla mia manopola destra per sempre”

        Quando si corre in moto, cadere &egrave; pressoch&eacute; inevitabile se si vuole trovare il limite. In MotoGP il rookie Pedro Acosta &egrave; stato comprensibilmente il pi&ugrave; incline all'errore, mentre per quanto riguarda il mondiale Superbike i risultati di questa speciale classifica sono stati per certi versi sorprendenti sia nel bene che nel male, con una prima posizione a pari merito occupata da due ducatisti: ecco chi &egrave; caduto di pi&ugrave; e chi meno nel corso del 2024 tra le derivate di serie. L'ultima vittoria di Byrne: "Shakey" ha vinto la causa contro il BSB  Bautista e Lowes davanti a tutti, Toprak... ultimo!  Per quanto si tratti di una classifica in cui i piloti sperano di essere il pi&ugrave; indietro possibile, ci sono due leader a pari merito, ovvero Alvaro Bautista e Sam Lowes. Sia il pilota ufficiale Ducati Aruba che l'inglese del team Marc VDS sono infatti caduti ben diciassette volte durante la stagione da poco andata in archivio, con quest'ultimo che condivide il podio anche con il fratello Alex, portacolori Kawasaki (e Bimota nel 2025) che completa il podio con dieci cadute, proprio come Tarran Mackenzie e Andrea Locatelli. Nella media altri due top rider come Andrea Iannone e Jonathan Rea, tutti e due a quota otto, mentre il vice campione Nicol&ograve; Bulega ha avuto soltanto cinque incidenti evidenziando cos&igrave; di essersi adattato decisamente bene alla classe regina nel proprio anno da rookie. Quattro cadute per Danilo Petrucci (il quale ha per&ograve; fatto i conti con un brutto incidente in allenamento con la moto da cross), mentre il campione del mondo Toprak Razgatlioglu ne ha collezionate appena due. E' vero, quella di Mangy-Cours &egrave; stata particolarmente pesante avendogli fatto saltare diversi round mettendo in discussione anche il discorso titolo, ma ci&ograve; dimostra come il numero 54 abbia avuto in quasi ogni occasione il pieno controllo della situazione. Dakar, da Lucci ad Intern&ograve;: ecco i nove italiani impegnati nell'edizione 2025       

Alvaro e Sam si sono ritrovati per terra in ben 17 occasioni, mentre per il turco ne sono bastate due per mettere a rischio la stagione: ecco la classifica degli incidenti

SBK: Bautista e Lowes re tra i “cascatori”, solo due cadute per Toprak

        Shane Byrne ha vinto la causa contro gli organizzatori del British Superbike. Strano a dirsi, trattandosi di una vera e propria leggenda del BSB con la bellezza di sei titoli conquistati e ben ottantacinque vittorie nella massima serie d'oltremanica, ma &egrave; ci&ograve; che &egrave; successo visto che &ldquo;Shakey&rdquo; ha citato in giudizio MSVR (Motorsport Vision Racing), promoter del campionato e proprietario del circuito di Snetterton su cui &egrave; avvenuto l'incidente che ha posto fine alla sua trionfale carriera nel 2018. Dakar, da Lucci ad Intern&ograve;: ecco i nove italiani impegnati nell'edizione 2025 La sentenza: barriere di protezione insufficienti al momento della caduta  In quell'anno, durante un test a Snetterton 300 (tracciato che ospita tuttora il BSB ed &egrave; diventato uno dei pi&ugrave; sicuri in calendario) Byrne &egrave; caduto rovinosamente alla curva 3 finendo prima nella via di fuga e poi contro le barriere a quasi 100 km/h, impattando violentemente e procurandosi numerose fratture che hanno, di fatto, costretto l'inglese dai trascorsi in MotoGP e nel mondiale SBK ad appendere il casco al chiodo in un momento in cui era ancora fortemente competitivo con la Ducati del team PBM. Barriere che, come &egrave; stato deciso nella sentenza emanata lo scorso venerd&igrave; dal giudice Peter Blair, sono state la causa delle gravi ferite riportate da Shane nella caduta in quanto non sufficientemente sicure. Al termine della via di fuga erano infatti presenti esclusivamente delle gomme e non il ben pi&ugrave; sicuro air fence, che avrebbe ammortizzato in maniera considerevole la violenza dell'episodio. Per questo, a &ldquo;Shakey&rdquo; spetter&agrave; un importante risarcimento (il cui ammontare verr&agrave; determinato in un secondo momento) per i danni subiti. Sembra per&ograve; quasi scontato che, dopo questa questione finita addirittura in tribunale, l'ex pilota non ricoprir&agrave; pi&ugrave; il ruolo di inviato in circuito per il campionato britannico, di cui ha scritto importanti pagine di storia. SSP300: ProGP raddoppia l'impegno, Arco Motor "pesca" dalla Spagna       

L'ex pilota ha portato in tribunale MSVR, organizzatore della serie e proprietario del circuito di Snetterton su cui ha concluso la propria carriera per via di un grave incidente

L'ultima vittoria di Byrne: “Shakey” ha vinto la causa contro il BSB

        Betty Curtis cantava "Soldi Soldi Soldi", brano canoro evidentemente su tematiche monetarie. Al secolo Roberta Corti, l'artista spiegava come sia il denaro a muovere tutto e meglio, umore altrettanto. Funziona cos&igrave; anche nel Motomondiale? B&egrave;, s&igrave;, perch&eacute; chi dispone di maggior budget (solitamente, seppur non sempre) arriva prima degli avvesari ai risultati sperati. Chi ha speso di pi&ugrave; dalla nascita del mondiale a oggi? Ecco una lista includente competizioni a due e quattro tempi. Attenzione tuttavia alle cifre, ovviamente sommarie e, considerando epoche diverse, inflazioni varie e valori di acquisto, non paragonabili l'una con l'altra. &nbsp; HRC: budget (a volte) illimitato tra 125, 250, 500 e MotoGP L'immagine di copertina dice quasi tutto: classe 500 edizione 1997, al comando del Gran Premio di Italia disputatosi al Mugello abbiamo ben 4 Honda NSR, tutte marcate Repsol HRC. Col numero 1 Michael Doohan affronta il Correntaio a precedere la tabella 7 di Tadayuki Okada, mentre Alex Criville col 2 e Takuma Aoki e il 24 si contendono la terza posizione. Il team di riferimento dell'Ala dorata ha tre quattro cilindri e la bicilindrica. Nessuna formazione ufficiale poteva tanto.&nbsp; Uno sforzo immenso, vincente, in parte ammortizzato dalle voci sponsor, dalle vendite delle moto alle squadre clienti e dai premi e contributi TV, ma impareggiabile dai competitor, per un concetto che nasce proprio dal reparto corse: investire a fondo illimitato, sfruttando i grossi valori di vendita a due, quattro ruote e ogni tecnologia prodotta in Giappone. Dall'ingresso diretto nel Motomondiale, Honda ha speso tanto in 125 e 250, per cifre (dicono) incalcolaboli e top secret, per&ograve; palesemente superiori alla concorrenza. I rumors giurerebbero in almeno dai 70 agli 80 milioni di euro a stagione dedicati al progetto RC213 V. Solo il periodo pandemico, un ridimensionamento generale degli introiti destinati poi alle corse risultati assolutamente scoraggianti hanno fatto stringere la cintura ai vertici di Tokio i quali, ricordiamolo, "risparmieranno" previa partenza di Marc Marquez, pilota che si faceva pagare profumatamente e, perlomeno nella MotoGP recente, pi&ugrave; di tutti.  &nbsp; Yamaha, prima rivale Honda... a soldi spesi Una sessantina di milioni l'anno, euro pi&ugrave;, euro meno, ma quando in pista scendevano almeno quattro M1 e non le sole due Monster Energy viste nel 2023. Anche Yamaha ha messo soldi nelle corse, facendo leva su vendite dei modelli stradali, uomini immagine quali Valentino Rossi, risultati, sponsor e idee azzeccate.&nbsp; Successi in duemmezzo finch&eacute; si &egrave; corsa, allori in 500, trionfi in MotoGP. Senza dimenticare il panorama "derivato di serie", in cui pure Honda &egrave; da citare: tra prototipi e SBK, immaginate quanti bonifici siano stati inoltrati, e non sempre hanno ricevuto corrispettivi di classifica a pareggiare gli investimenti. Malgrado si dica che i giapponesi partecipino alle competizioni controvoglia, precisiamo subito come non sia vero. Se vogliono uscire, lo fanno. Ricordate Suzuki nel 2022?&nbsp;Oppure Honda in Formula 1? Ebbene, i tre diapason offrono prodotti di vario genere, da pianoforti a chitarre, per un bacino enorme di introiti. S&igrave;, poi il budget per la MotoGP &egrave; diverso, ma l'azienda &egrave; sana e pronta a raddoppiare le moto in pista.&nbsp;  &nbsp; Kawasaki, pochi anni ma tanti soldi per la MotoGP Galvanizzata dal grosso ritorno di immagine goduto in SBK, "chiamata alle armi" dalle sorelle giapponesi lanciatesi verso la MotoGP, Kawasaki torn&ograve; nel mondiale in pianta stabile nel 2003, allestendo una Ninja ZX-RR ammirata per colore e scelte tecniche, criticata per gli ordini di arrivo in gara. La situazione miglior&ograve; lievemente di stagione in stagione, ma arrivare a quanto fatto da Honda, Yamaha e Suzuki risult&ograve; impossibile. E fu un peccato, perch&egrave; di soldi ce ne erano, "presi" dalle grosse opere costruttive e dagli enormi appalti detenuti dall'azienda, una Holding che realizza scavi nel mare, treni e comanda impianti siderurgici. Quindi, "il grano" era disponibile, ma il mulino male lo lavorava, stando ai quotes raccolti e alle dichiarazioni degli addetti ai lavori. Peccato alla seconda, anche in virt&ugrave; dei titoli vinti in SBK, delle affermazioni firmata da Kork Ballington in 250 e 350. Quando hanno stabilito che i prototipi della classe regina non rientravano nella filosofia del Marchio, addio e saluti a tutti. Sperando che sia un arrivederci ad aggiungersi ai 50 miloni di euro gettati ogni anno.&nbsp;  &nbsp; Sogno in rosso come i conti? Cagiva, la "romantica" della 500 Ogni volta che viene pubblicata una foto di John Kocinski in azione con la Cagiva, si sprecano commenti sulla prestanza dell'americano su quel prototipo. Come dar torto ai pi&ugrave; caldi appassionati, al cospetto di una Rossa - ebbene s&igrave;, non si offenda chi porta il medesimo colore - del genere?! Oltretutto, fateci caso, quella e le altre 500 varesine erano sprovviste di main sponsor. La famiglia Castiglioni fu chiara: sulle carene deve imperara la scritta "Cagiva", e nessun pu&ograve; deturpare la tinta. Fantastico, romantico, ma costoso. Anche perch&eacute; gente come Kocinski, Doug Chandler e Randy Mamola si fece ben retribuire. Eh gi&agrave;. Totale, quando l'azienda decise di investire in SBK sulla 916 - creando il mito di Carl Fogarty - niente pi&ugrave; mezzo litro, n&egrave; i 10 milardi di lire (bei tempi per l'Italia e la propria valuta) spesi all'anno. La classe regina avrebbe creato debito, poich&egrave; impossibile fronteggiare i colossi nippo. Per&ograve;, che soddisfazione averli battuti di tanto in tanto...  &nbsp; Tira &amp; molla Suzuki, ma quando i soldi sono spesi, arrivano le vittorie Test classe 500, inverno e non distante dalla primavera 1999. C'&egrave; rimasta impressa questa frase pronunciata da Kenny Roberts Junior, a cui dedichiamo relativa foto: "La Suzuki ci ha spedito tanto di quel materiale, che io e Nobu Aoki non sappiamo se riusciremo a provarlo tutto". Il californiano aveva lasciato Kenny Senior, per approdare alla corte di Hamamatsu, a cui port&ograve; l'alloro nel 2000. Si accorse subito che i dollari venivano spesi per lo sviluppo della RGV, nella volont&agrave; di pareggiare quanto fatto nel 1993 da Kevin Schwantz, sempre nel medesimo team gestito da Garry Taylor. Le imprese italiane di Marco Lucchinelli e Franco Uncini? Meravigliose! Ma la Casa voleva adeguarsi ai tempi. E lo fece anche in MotoGP, grazie al titolo vinto da Joan Mir nel 2020. A oggi l'ultimo della storia Suzuki, protagonista in 250, trionfante nella mezzo litro, finalmente sul tetto della MotoGP. Il Marchio era gi&agrave; uscito dal paddock, poi rientrato pi&ugrave; volte. Torner&agrave;? Noi diciamo "s&igrave;", confidando da chi sostiene che all'epoca a due tempi erano 20 milioni di dollari spesi l'anno, in MotoGP vennero sfiorati i 50. Salvo essere smentiti. A proposito: durante l'epopea GSV-R quattro tempi, lo stesso Roberts spar&ograve; di fronte ai giornalisti: "Mi pagano cos&igrave; tanto, che una parte dei miei guadagni potrei buttarla".&nbsp;  &nbsp; Ducati, spende in MotoGP e ha ragione nel farlo Foraggiata dall'acquisizione da parte di Audi, Ducati ha impostato una politica vincente in MotoGP, attuata pure in SBK: motociclette belle, competitive, vendute a prezzi ragionevoli. Mica sar&agrave; un caso vedere sulla griglia ben 8 Desmosedici, tutte competitive. La Casa di Borgo Panigale produce moto. Non &egrave; Honda, Suzuki, Yamaha e Kawasaki. Suzuki costruisce pure auto e barche. Per esempio. Ducati no. Quindi, ogni soldo &egrave; ponderato e speso in maniera oculata. L'ingresso in MotoGP risale al 2003, immediatamente rivelatosi intelligente e promettente. Il primo titolo arriv&ograve; nel 2007 insieme a Casey Stoner, qui in basso immortalato. Ancora vittorie di tappa, sino al dominio attuale. Seppur sotto effige "Top Secret", sar&agrave; attendibile il budget ventilato di 50 milioni all'anno?&nbsp;  &nbsp; KTM e Pierer Group possono spendere in MotoGP La presenza nel Motomondiale siglata KTM &egrave; da ritenersi giovane, se paragonata alla storia di - altro esempio - Honda. Fortissima in 125 e 250, altrettanto in Moto2, eccola in MotoGP. Una volta messo in piedi un vero team Factory, sono arrivate le gioie. A suon di denaro, parliamoci chiaro. Il Gruppo Pierer Mobility e Mattighofen possono permetterlo, poich&eacute; grandi venditori di pezzi fuoristrada e detentori di vari Marchi, tra cui GASGAS e KTM. I vertici vorrebbero in griglia sei RC16, non quattro. E vi arriveranno. Magari, mediante la scritta MV Agusta, altra Casa ad aver scritto pagine indelebili nelle competizioni. Il budget messo a disposizione del progetto Red Bull - la bevanda energetica ci mette del proprio - supera i 50 milioni annui. E la voglia di far vedere a tutti la bont&agrave; tecnologica profusa.  &nbsp; Aprilia, "cenerentola" MotoGP di tutto rispetto Anche qui, bisogna essere franchi: in un determinato periodo storico, Aprilia e piloti supportati avevano pochi rivali in 125 e 250. Le vittorie portate a Noale si sono sprecate "consumando" la pazienza altrui. Arriv&ograve; anche la 500, in realt&agrave; una bicilindrica sotto la cubatura massima, bella, ma saltuariamente al passo con le mezzo litro piene. Ed eccoci alla MotoGP, ricordate la RS Cube? Regis Laconi - meritevole di scatto - la port&ograve; al debutto, e ci accorgemmo di quanto fosse tecnologica la tre cilindri: forse troppo e, per stessa ammissione di Ivano Beggio, costicchiava. Saltando all'attuale e portentosa RS-GP, il discorso cambia. Aprilia si fa praticamente tutto in casa, demandando ad aziende esterne il minimo indispensabile. Parliamo di un vanto italiano, spinto dal Gruppo Piaggio, questo s&igrave; un colosso in termini di vendite in tutto il mondo di pezzi originali e comprovati. Il budget riservato al team &egrave; segreto, ma senza fatica lo stimiano sotto a quanto messo dalle rivali. Che soddisfazione mettersele dietro.  &nbsp; Kenny Roberts: persa la Marlboro, cominiciarono i guai L'ambizione di Kenny Roberts &egrave; tutt'oggi nota: vincere, massimizzando i mezzi a propria disposizione. Lasci&ograve; Yamaha al seguito di successi nelle vesti di pilota e team manager - anzi, proprietario - aprendo il team dotato di tre cilindri Modenas, pagato dalla multinazionale del tabacco. Benino con le due tempi, nonostante qualche rottura sarebbe stata da evitare, insieme a infortuni di chi guidava. Il propulsore grippava, sparando in aria i malcapitati. Stantacatasi della scarsa competitivit&agrave;, l'azienda sponsor decise di spostare capitali altrove. Ma in MotoGP. E lui, tra una avventura e l'altra, mica si arrese: il californiano mise addirituttura in pista un motore KTM incastonato in telaio artigianale, ammirabile nella tabella 67 di Shane Byrne. Coppe, trofei, podi, pole? Macch&eacute;, nulla di ci&ograve;, anzi: un cosiddetto "bagno di sangue", per fortuna solo monetario e, al pari di Honda per&ograve; al contrario, incalcolabile.&nbsp;  &nbsp; Kalex spende in Moto2 ma... guadagna Questo atelier tedesco si occupa di chassis, ovvero, telai. E lo fa molto bene, tanto da tenere quasi - bravo il team Speed Up e buono Forward - la totalit&agrave; di fornitura della Moto2. La bont&agrave; delle realizzazioni &egrave; stata apprezzata anche dal team Repsol HRC in MotoGP e, se i risultati non sono arrivati, i motivi sono pi&ugrave; complessi di un semplice pezzo. La strategia Kalex &egrave; semplice e chiara: vincere spendendo, guadagnando. Fornendo parti alla griglia della middle class, torna negli investimenti messi in campo, addirittura concludendo le annate col segno pi&ugrave;. Ottimo segnale, per una fabbrica che non ha dimensione esagerate. Come HRC, per esempio. Oppure, come spiegato dal saluto condiviso da Remy Gardner e Augusto Fernandez, bello &egrave; figurare per KTM, se il tealio &egrave; in realt&agrave; un Kalex. Quanto durer&agrave; l'avventura di Kalex, non lo sappiamo. Pi&ugrave; che altro, la domanda &egrave;: quanto sarebbe bello rivedere pezzi artigianali nella categoria regina a quattro tempi? Per come si &egrave; messa la situazione, forse, mai. Oppure, col cambio di regolamento invocato al 2027, chiss&agrave;...        

Honda su tutti sia nella 500 due tempi che nella MotoGP a quattro tempi. Seguono Yamaha, Kawasaki e Suzuki, Ducati si difende bene, KTM decisa a risalire la china

I Costruttori del Motomondiale con budget più elevato

        Senza preavviso e in un momento d'oro per la sua squadra, che con Tommy Bridewell e Glenn Irwin sta dominando la stagione in corso del British Superbike con tanto di tripletta nell'ultimo round dello scorso weekend a Cadwell Park, &egrave; purtroppo scomparso Paul Bird, team manager del team PBM. Paul, 56enne, si &egrave; spento improvvisamente dopo un breve periodo passato in ospedale. La sua squadra &egrave; tuttora la pi&ugrave; vincente di sempre nella serie d'oltremanica e la sua morte &egrave; stata un colpo durissimo per l'intero campionato e non solo, visto che ha trionfato anche su strada in numerose occasioni tra North West 200 e Gran Premio Motociclistico di Macau. Ha inoltre schierato le CRT in MotoGP dal 2012. CIV, Delbianco al Bol d'Or: "Voglio esplorare nuove strade" Da Redding a Sykes: il team del rilancio dei &ldquo;big&rdquo;  Nella lunga e trionfale storia del team, si possono annoverare tantissimi nomi illustri che ne hanno difeso i colori. Da Shane &ldquo;Shakey&rdquo; Byrne a Josh Brookes, passando per Stuart Easton, Christian Iddon e Glenn Irwin che ne hanno portato in alto il nome anche su strada, numerosi centauri hanno vinto con le moto del team PBM. Altrettanti l'hanno utilizzato come trampolino di rilancio per un rientro nel mondiale, come i casi recenti di Scott Redding (campione nel 2019) e Tom Sykes. La sua mancanza si sentir&agrave; certamente all'interno del paddock; alla sua famiglia vanno le condoglianze da parte della redazione di Motosprint. GP Catalunya, Marquez: "Sapevo che avremmo sofferto su questa pista"       

Nel pieno svolgimento di una stagione in cui i suoi piloti stanno dominando la scena, purtroppo il team manager della squadra pi&ugrave; vincente si &egrave; spento all'improvviso

British Superbike in lutto: è morto Paul Bird, leader del team PBM

        Tanti circuiti (ben otto in undici round, anche nel 2023), ben diversi tra loro sia come layout che come caratteristiche, con alcuni iconici, altri brevi ed altri ancora di caratura mondiale. Un cocktail che, unito ad un particolare regolamento tecnico che vieta l'utilizzo di elettronica sulle moto e allo Showdown che rende le stagioni sempre incerte fino all'ultimo, fa diventare ogni stagione del British Superbike altamente spettacolare. Ecco quali sono le piste su cui si disputano i vari appuntamenti della serie d'oltremanica, comprese le possibili new entry al di fuori del territorio britannico. &nbsp; Circuiti iconici...   Se si pensa al BSB, una delle immagini che saltano subito alla mente &egrave; sicuramente quella di Jonathan Rea che &ldquo;salta&rdquo; sul celebre tratto del Mountain di Cadwell Park. Il circuito del Lincolnshire &egrave; uno dei pi&ugrave; celebri tra quelli su cui corre la massima serie britannica e ha affascinato anche diversi piloti del Mondiale Superbike (compreso Toprak Razgatlioglu quest'anno), ma non &egrave; l'unico particolare tra quelli presenti in calendario. Tra le piste pi&ugrave; amate dagli stessi piloti c'&egrave; anche il circuito di Snetterton, di gran lunga quello che pi&ugrave; si avvicina a quelli da mondiale, nonostante i fan preferiscano Oulton Park e Thruxton. Il primo, definito da Scott Redding come &ldquo;spaventoso&rdquo; nell'anno in cui ci ha corso conquistando il titolo, &egrave; probabilmente il pi&ugrave; complicato da comprendere per un rookie, ma regala spesso momenti memorabili (ed &egrave; stato decisivo anche quest'anno durante lo Showdown). Thruxton, invece, &egrave; il pi&ugrave; veloce del calendario: si tratta di un vero e proprio anello ad alta velocit&agrave; con medie sul giro di oltre 180 km/h in cui la Club Chicane, che immette sul traguardo, &egrave; spesso decisiva per il risultato finale. Anche in questo caso si tratta di un tracciato estremamente complicato, come ha dimostrato Tito Rabat che, in una stagione trionfale in cui ha vinto il titolo nell'ESBK, a Thruxton ha esordito nel BSB occupando costantemente le ultime posizioni. &nbsp; ...tracciati da Mondiale...   Per diversi anni tappa fissa del Mondiale Superbike, Brands Hatch &egrave; diventato il teatro della &ldquo;finalissima&rdquo; dello Showdown, regalando gare decisive e memorabili come quella del duello tra John Hopkins e Tommy Hill del 2011 o dell'incredibile conclusione del 2017, con Haslam rimasto senza freni in Gara 3 e Shane Byrne campione per l'ultima volta in carriera. Parlando di circuiti da Mondiale, va menzionato anche Donington Park, su cui il BSB corre sia nella classica configurazione GP che ha ospitato in passato il Motomondiale e che &egrave; tuttora il round britannico della Superbike, sia nel layout National, con la variante Fogarty ad immettere direttamente sul traguardo. Quest'ultima &egrave; stata spesso determinante, come nel 2020 in cui si &egrave; svolta una vera e propria battaglia in famiglia tra Andrew e Glenn Irwin, all'epoca compagni di team in Honda. &nbsp; ...e piste brevi   Un'altra caratterstica particolare (e unica) del BSB &egrave; la presenza in calendario di circuiti estremamente brevi ma altamente spettacolari. In particolare, da un paio d'anni a questa parte non viene utilizzato il circuito di Silverstone nella sua interezza, ma la sua versione National, con tempi sul giro attorno al minuto e gare di gruppo a farla da padrone. Il pi&ugrave; breve di tutti &egrave; per&ograve; Knockhill, in Scozia, dove nonostante un giro venga effettuato in poco pi&ugrave; di 40 secondi, i saliscendi e l'iconico tornante finale lo rendono uno dei round pi&ugrave; incerti e ricchi di outsider nelle posizioni di vertice. &nbsp; Le possibili new entry   Ai gi&agrave; citati circuiti attualmente presenti nel calendario, potrebbero aggiungersene alcuni (a partire dal 2024) situati al di fuori del territorio britannico. Uno di questi &egrave; il tracciato olandese di Assen, presente fino a pochi anni fa in calendario, il quale potrebbe tornare e diventare nuovamente parte integrante dello Showdown. La new entry pi&ugrave; probabile, per&ograve;, si trova in Spagna: il circuito di Navarra. Soltanto un paio di mesi fa, infatti, &egrave; stato acquisito dalla MotorSport Vision (MSV) di Jonathan Palmer, proprietario anche di altri circuiti gi&agrave; citati quali Brands Hatch e Oulton Park, e potrebbe quindi diventare l'appuntamento spagnolo del British Superbike, visto che la serie vorrebbe espandersi ormai da anni anche nell'Europa continentale aumentando ulteriormente il proprio prestigio. CIV, ecco il calendario 2023: confermato il gran finale a Imola       

Tra piste storiche e tratti conici, la serie d'oltremanica corre in una grande variet&agrave; di tracciati, che contribuiscono ad aumentare lo show: ecco la ricetta vincente del campionato britannico

BSB, gare incerte e grande spettacolo: il merito è (anche) dei circuiti

        Quantit&agrave; oppure qualit&agrave;? Meglio avere tanti italiani in un campionato o invece una manciata di piloti, ma tutti di caratura elevata? Difficile fornire una risposta a priori, anche se per puntare al bersaglio grosso, cio&egrave; il titolo, &egrave; preferibile disporre di poche carte ma tutte di alto valore. Quella (S)volta che: DAZN e quando il gioco non vale la candela I precedenti  &nbsp;Se invece si guarda ai piazzamenti, nelle singole gare e nella classifica finale, allora un numero ristretto appare penalizzante perch&eacute; le opportunit&agrave; sono minori. E se per una volta l&rsquo;Italia godesse di entrambe le opzioni? &Egrave; questa, infatti, l&rsquo;impressione che si ricava guardando la entry list del mondiale Supersport, in cui figurano dieci italiani, diversi provenienti dalla Moto2 iridata, dove hanno ottenuto risultati inferiori alle aspettative. Un numero che stride con gli organici altrui perch&eacute; nessun altro Paese ha pi&ugrave; di due piloti, soglia a cui si fermano britannici, australiani, turchi, olandesi, spagnoli, francesi e svizzeri. Sperare che almeno cinque dei nostri portacolori figurino nella Top 10 stagionale non &egrave; un&rsquo;utopia, anche se non sarebbe un record. Nel 1998, quando il campionato prendeva il nome di Supersport World Series, i nostri piloti dettarono legge: Fabrizio Pirovano si laure&ograve; campione precedendo Vittoriano Guareschi, con Paolo Casoli in quarta posizione, Massimo Meregalli in quinta, Cristiano Migliorati in sesta e Giovanni Bussei in nona. Unici intrusi tra i dieci il francese St&eacute;phane Chambon terzo, lo spagnolo Pere Riba settimo, l&rsquo;olandese Wilco Zeelenberg ottavo e l&rsquo;austriaco Robert Ulm decimo. Quell&rsquo;anno l&rsquo;inno di Mameli suon&ograve; in otto round su dieci: fecero eccezione il N&uuml;rburgring e Kyalami dove fu eseguita la Marsigliese per i successi di S&eacute;bastien Charpentier e Chambon. Furono sette le pole position italiane e due i podi interamente tricolori, a Misano e Monza. Anzi, in Brianza, l&rsquo;Italia fece poker con Pirovano vincitore per mezzo secondo su Migliorati, Guareschi e Meregalli. Malgrado queste prestazioni, sette dei primi dieci del campionato non trovarono spazio in Superbike e furono costretti a restare in Supersport l&rsquo;anno dopo. Fecero eccezione Guareschi, che and&ograve; ad affiancare Noriyuki Haga sulla Yamaha R7, Ulm con la Kawasaki-Bertocchi Gerin, e Bussei che disput&ograve; cinque round come wild card. D&rsquo;altro canto, ai tempi il ricambio generazionale nella classe regina delle derivate di serie era ai minimi termini, complice una notevole stabilit&agrave; di rendimento dei top rider: i primi sette della Superbike 1998 monopolizzarono le stesse posizioni anche nel Mondiale del 1999, con Carl Fogarty sempre campione. Degli uomini-copertina salutarono la compagnia, nell&rsquo;inverno del 1998, James Whitman per l&rsquo;acerba Modenas 500, Scott Russell e Neil Hodgson per rigenerarsi in patria. Al loro posto sbarcarono il citato Guareschi e il giapponese Katsuaki Fujiwara mentre Andreas Meklau pass&ograve; da un impiego part-time a uno a tempo pieno. Le speranze italiane  La speranza dei dieci italiani in Supersport &egrave; anzitutto di far bene e poi sperare che l&rsquo;anno prossimo si liberino numerose selle in Superbike, per ripetere il percorso compiuto di recente da Andrea Locatelli, Lucas Mahias, Philipp &Ouml;ttl e Luca Bernardi. Peraltro quest&rsquo;anno, dopo la sostituzione in extremis di Isaac Vi&ntilde;ales con Roberto Tamburini nel Team Motoxracing, l&rsquo;Italia &egrave; la forza numero uno anche in Superbike con quattro piloti, a fronte di tre britannici e spagnoli. E pensare che nelle ultime tre stagioni i britannici titolari sono sempre stati sei e non scendevano sotto quota cinque dal 2009: quell&rsquo;anno il migliore fu Jonathan Rea quinto, con Leon Haslam sesto, Shane Byrne ottavo e Tom Sykes nono. L&rsquo;anno precedente, tra i 25 piloti che corsero l&rsquo;intera stagione non ce n&rsquo;era per&ograve; nemmeno uno. C&rsquo;erano invece cinque spagnoli e altrettanti italiani ma il contingente pi&ugrave; numeroso fu quello giapponese con sei piloti che si aggiudicarono dieci manche. L&rsquo;unico loro erede &egrave; Kohta Nozane, tre Top 10 in 34 manche corse, con un 7&deg; posto come miglior risultato. Poco per sperare nella riscossa nipponica. Quella (s)volta che: Adam Raga, l'altra stella del Trial       

La nuova Supersport ospita ben 10 piloti italiani: quanti di loro saliranno in SBK?

Quella (S)volta che: l'invasione tricolore nella SSP600

        A met&agrave; anni &lsquo;90 era merito di Niall, oggi di Tarran. I Mackenzie sono tornati a dominare il BSB, riportando la Scozia al top: se Niall fece tris tra 1996 e 1998, dopo gli anni da protagonista del Mondiale 500, &egrave; stato Tarran ad aggiudicarsi il titolo 2021, in una stagione conclusasi come di consueto nella grande cornice di pubblico di Brands Hatch a met&agrave; ottobre, per una sorta di ritorno alla normalit&agrave; dopo un difficilissimo 2020 con pochi round a porte chiuse. CIV Minimoto: la stagione 2022 scatter&agrave; da Cervia I risultati della stagione 2021   Il campionato 2021, coinciso con il 25&deg; compleanno della serie per come la conosciamo oggi (con il regolamento Superbike e non con quello TT-F1), ha infatti visto il ritorno dei numerosi appassionati sulle tribune, unito a una tappa fuori dall&rsquo;Inghilterra &ndash; a Knockhill, in Scozia &ndash; e, soprattutto, del cosiddetto Showdown di fine stagione che ha reso incerta la lotta per il titolo fino all&rsquo;ultimo weekend di gara sullo spettacolare tracciato alle porte di Londra. L&rsquo;anno &egrave; iniziato in salita, con il primo round disputatosi addirittura a fine giugno per poter permettere ai tifosi di assistere dal vivo alle gare senza restrizioni, ma una volta preso il via il campionato non ha fatto mancare le emozioni. Fin dalla tappa inaugurale di Oulton Park, &egrave; stato chiaro come i due portacolori del Team McAms Yamaha fossero i piloti pi&ugrave; in forma, specialmente l&rsquo;australiano Jason O&rsquo;Halloran, vero e proprio dominatore della prima parte della stagione e leader del campionato al termine della &ldquo;regular season&rdquo; composta dai primi otto appuntamenti. O&rsquo;Halloran &egrave; arrivato ai round dello Showdown da leader grazie ai &ldquo;podium credits&rdquo; ottenuti in precedenza, cio&egrave; i punti addizionali che si aggiungono ai 1000 che spettano a ciascun qualificato per lo Showdown (5 punti per ogni vittoria, 3 per ogni secondo posto, 1 per ogni terzo). La leadership di O&rsquo;Halloran &egrave; stata per&ograve; messa in discussione dal compagno di squadra Mackenzie e dalla Ducati del Team Oxford Racing guidata da Tommy Bridewell, che negli ultimi tre round sono riusciti a esprimere al meglio il loro potenziale, contrariamente al numero 22, che a causa di un paio di cadute di troppo ha perso la prima posizione della classi fica chiudendo poi la stagione in terza piazza. A trionfare &egrave; stato proprio Mackenzie, autore di un finale perfetto: lo scozzese ha vinto una manche sia a Oulton Park che a Donington, per poi concludere con una grande tripletta a Brands Hatch al termine della quale sembrava potesse addirittura passare al Mondiale per il 2022. Inoltre, la conquista del titolo da parte di &ldquo;Taz&rdquo;, che ha regalato la prima doppietta padre-figlio nel BSB, &egrave; stata connessa a un ulteriore incrocio familiare. Perch&eacute; &egrave; arrivata nell&rsquo;ultimo weekend di gara della carriera per il fratello maggiore, Taylor, impegnato in Superstock 1000 sempre nel contesto del BSB. Taylor Mackenzie da quest&rsquo;anno sar&agrave; nel Motomondiale come team manager della struttura MLav Racing Academy di Michael Laverty, impegnata in Moto3. Per Mackenzie &egrave; stato un anno da incorniciare, come ha ammesso lui stesso: "&Egrave; stato un &ldquo;rollercoaster&rdquo; di emozioni. Da appassionato, gli scorsi anni ricordo che quando vedevo i vari Brookes, Haslam e Byrne indossare il casco d&rsquo;oro e festeggiare per il titolo a Brands Hatch era sempre un momento speciale, ora che &egrave; toccato a me &egrave; stato incredibile. Sognavo di poter vivere tutto ci&ograve; da quando ho iniziato a correre nel British Superbike nel 2018 ed &egrave; successo per davvero. Il merito per questo trionfo va anche al Team McAms-Yamaha, che per tutto l&rsquo;anno mi ha messo a disposizione una moto perfetta". Partecipare alla dinastia vincente ha emozionato Tarran: &ldquo;Mio padre divenne il primo vincitore nella storia del BSB venticinque anni fa, quando io ero appena nato, perci&ograve; replicare il suo successo ha reso questa stagione ancora pi&ugrave; memorabile. In tanti parlavano di questo possibile avvenimento, ma io ho preferito pensarci soltanto una volta conquistato il titolo e, visto il risultato dell&rsquo;ultimo weekend di gara, direi che ne &egrave; valsa la pena&rdquo;. Alle spalle del nuovo campione ha chiuso il gi&agrave; citato Bridewell, miglior ducatista della stagione, mentre Christian Iddon e il campione 2020 Josh Brookes hanno terminato l&rsquo;anno rispettivamente in quarta e sesta posizione sulla Panigale V4 R del Team VisionTrack Racing PBM e con la BMW dell&rsquo;inedito FHO Racing portata in pista anche da Peter Hickman, che ha chiuso tra loro in quinta posizio ne. Qualificati allo Showdown anche Danny Buchan e Glenn Irwin &ndash; unico pilota Honda competitivo nel 2021 &ndash; i quali hanno concluso in settima e ottava posizione. Da segnalare anche la conquista del titolo nella Rider&rsquo;s Cup per Lee Jackson, pilota dell&rsquo;FS-3 Kawasaki: &ldquo;Jacko&rdquo; ha infatti concluso in nona posizione l&rsquo;annata in sella alla Ninja ZX-10RR, ovvero come primo tra i piloti non qualificati allo Showdown al termine della regular season. Il calendario 2022 e i piloti da tenere d'occhio   Proprio Jackson, confermato nel team di punta della Casa di Akashi, sar&agrave; uno dei piloti da seguire nel 2022, cos&igrave; come il giovane compagno di squadra Rory Skinner, autore di un&rsquo;ottima annata da esordiente. I due potrebbero inserirsi nella lotta per il titolo, sfidando la favorita coppia del Team McAms. Le Yamaha aumenteranno visto che il Team OMG Racing, con Bradley Ray e Kyle Ryde, utilizzer&agrave; le R1. Tra i numerosi piloti che punteranno in alto, anche i soliti Bridewell e Hickman, nuovamente con Ducati e BMW, e le Honda ufficiali di Irwin e Tom Neave, quest&rsquo;ultimo in arrivo dalla Superstock 1000 dove ha conquistato il titolo con la medesima squadra. Da non sottovalutare, inoltre, alcuni possibili outsider come il rientrante Luke Mossey e i giapponesi Ryo Mizuno e Takumi Takahashi. Per quanto riguarda il calendario, saranno nuovamente 11 le tappe della serie britannica, con le prime otto per la regular season e le ultime tre dedicate allo Showdown, ognuna con tre manche al proprio interno. Il primo round sar&agrave; nella versione &ldquo;National&rdquo; del tracciato di Silverstone nel weekend del 15-17 aprile, che verr&agrave; preceduto dai test prestagionali su varie piste tra fine marzo e inizio aprile, mentre il gran finale sar&agrave;, come da tradizione, a met&agrave; ottobre a Brands Hatch, dove si correr&agrave; anche a luglio. Torner&agrave; inoltre la pausa tra la fine di maggio e la met&agrave; di giugno per permettere ai piloti &ndash; in particolare a Hickman e Irwin &ndash; di prendere parte al Tourist Trophy. CIV SBK: Canepa e Krummenacher pronti alla sfida tricolore con Yamaha       

23 anni dopo pap&agrave; Niall, Tarran Mackenzie si &egrave; aggiudicato il principale campionato britannico

Il BSB e la dinastia scozzese dei Mackenzie

        Last month, during a British Supersport practice at Snetterton, 33-year old Cedric Bloch was unfortunately involved in a serious accident. When the brakes on his Kawasaki malfunctioned, he fell and was subsequently hit by his own bike. As a result, the rider is paralysed from the chest down. He has also broken all his ribs, his sternum, tibia, left knee and right wrist. He will face months of rehabilitation before he is able to return home. A crowdfunding for 150,000 pounds  Bloch&rsquo;s family has set up a crowdfunding campaign on the GoFundMe platform to be able to support him during his recovery, after an accident that has literally changed his life in what was only his third racing season. The goal is to raise 150,000 pounds, or rather the funds needed for the equipment he will need in order to get back to something resembling &lsquo;normal&rsquo; life. So far, almost 60,000 has been raised since 4 October. Anyone who would like to support Cedric and help him in his recovery can do so via this link. Although Snetterton is one of the safest tracks, with some of the largest run-off areas of all the British circuits, this isn&rsquo;t the first time such an incident has occurred. How can we forget multiple BSB title winner Shane Byrne, whose career came to an end after a crash during testing. Translated by Heather Watson BSB: next season's provisional calendar is published       

The family of the unlucky BSB rider, who crashed during practice due to a brake problem, have set up a crowdfunding to be able to pay for the 33-year old&rsquo;s rehabilitation

BSB: crowdfunding for Cedric Bloch after his accident at Snetterton

Lo scorso mese di settembre, durante le prove della British Supersport sul circuito di Snetterton, il 33enne Cedric Bloch si &egrave; purtroppo reso protagonista di uno sfortunatissimo incidente. A causa di un malfunzionamento dei freni sulla sua Kawasaki, &egrave; caduto rovinosamente venendo poi travolto dalla sua stessa moto.  L&#39;episodio ha causato la paralisi dal petto in gi&ugrave;, oltre alla rottura di tutte le costole, dello sterno, della tibia, del ginocchio sinistro e del polso destro. Prima di poter tornare a casa, lo attendono lunghi mesi di riabilitazione.  BSB, Brad Jones &egrave; tornato nel paddock a Brands Hatch  Una raccolta fondi da 150mila sterline   La famiglia di Bloch ha indetto una campagna di raccolta fondi attraverso la piattaforma GoFundMe per poterlo aiutare economicamente nel proprio percorso di recupero dopo la caduta che, di fatto, gli ha cambiato la vita in quella che era soltanto la sua terza stagione di gare. La quota da raggiungere &egrave; fissata a 150mila sterline, ovvero la spesa necessaria per le attrezzature di cui avr&agrave; bisogno per potersi riprendere e vivere una vita &quot;normale&quot;.  Al momento, la raccolta ha raggiunto quasi 60mila sterline dal 4 ottobre ad oggi ed &egrave; aperta a tutti coloro che vogliono sostenere ed aiutare il recupero di Cedric, attraverso questo link.  Nonostante Snetterton sia una delle piste pi&ugrave; sicure e con gli spazi di fug&agrave; pi&ugrave; ampi tra gli autodromi presenti nel Regno Unito, non &egrave; la prima volta che accade uno sfortuato episodio come questo. Un precedente celebre &egrave; quello di Shane Byrne, pluricamente britannico Superbike dai trascorsi nel Motomondiale, il quale ha dovuto porre fine alla propria carriera dopo una caduta in un test.  MotoAmerica: la stagione 2022 partir&agrave; a marzo con la Daytona 200 

La famiglia dello sfortunato pilota della Supersport britannica, caduto durante le prove a causa di un problema ai freni, ha creato una raccolta fondi per poter pagare la riabilitazione del 33enne

BSB: una raccolta fondi per Cedric Bloch dopo l&#39;incidente di Snetterton

Parlando di MotoGP, non &egrave; semplice indicare soltanto cinque moto in ormai vent&#39;anni di evoluzioni della massima categoria dedicata alle due ruote. Dal 2002 ad oggi sono stati molti i modelli in grado di farci emozionare per la loro bellezza, ma ecco quali sono, secondo noi, le migliori cinque dal punto di vista estetico.  Ducati Desmosedici, 2003   Impossibile non pensare a lei parlando dei primi anni della MotoGP, la Ducati Desmosedici del 2003 &egrave; stata la prima moto portata in gara dalla Casa di Borgo Panigale tra i prototipi e si &egrave; inserita immediatamente nella lotta al titolo arrivando anche alla vittoria grazie a Loris Capirossi e sul podio con l&#39;australiano e leggenda della Superbike Troy Bayliss, lasciando a bocca aperta gli appassionati per le linee rivoluzionarie rispetto alle concorrenti giapponesi.  Aprilia RS Cube, 2004   Seppur gi&agrave; presente dal 2002, l&#39;Aprilia RS Cube ha colpito dal punto di vista estetico nella stagione 2004, quando la livrea bianca e il doppio scarico ben pi&ugrave; piccolo rispetto al precedente l&#39;hanno resa una delle moto pi&ugrave; belle dell&#39;intero paddock in quell&#39;annata. Tuttavia, seppur bellissima, non &egrave; stata una moto particolarmente fortunata e non ha ottenuto i risultati sperati in pista con Shane Byrne e Jeremy McWilliams.  MotoGP: le 5 moto pi&ugrave; belle della carriera di Valentino Rossi  Honda Pons, 2003-2005   Considerata da molti una delle colorazioni migliori dell&#39;era moderna, la Honda RC211V gialla e blu del team Pons con lo storico sponsor Camel ha regalato grandi soddisfazioni alla Cssa di Tokyo, specialmente con Max Biaggi in sella nel biennio 2003-2004, in cui ha dato vita a duelli indimenticabili con Valentino Rossi, Loris Capirossi e Sete Gibernau e ricevendo pi&ugrave; sguardi anche rispetto alla &quot;classica&quot; colorazione Repsol del team ufficiale.  Kawasaki ZX-RR, 2008   La ZX-RR del 2008 &egrave; stata (ed &egrave; ancora oggi) l&#39;ultima moto ufficiale prodotta da Kawasaki per la classe regina prima di concentrarsi esclusivamente sul mondiale Superbike. Nonostante non abbia ottenuto particolari piazzamenti di rilievo in gara con i propri piloti John Hopkins ed Anthony West, le sua colorazione semplice con il verde Kawasaki a dominare la scena e le linee sottili che richiamavano quelle di una 600 l&#39;hanno resa ugualmente una moto davvero apprezzata sotto il profilo estetico.  KTM Tech3, 2021   Dulcis in fundo, per quanto non sia stato semplice estromettere alcuni modelli, arriviamo alla pi&ugrave; stretta attualit&agrave; con la KTM RC16 del team Tech3, che con la sua colorazione arancione e il marchio KTM nero in bella mostra sulle carene, ha stupito tutti fin dalla presentazione di inizio 2021 per poi far innamorare gli appassionati sotto ai riflettori del Qatar quando &egrave; scesa in pista per la prima volta con i propri piloti titolari Danilo Petrucci e Iker Lecuona.  MotoGP, le 5 esultanze pi&ugrave; curiose dell&#39;era moderna del Motomondiale 

A partire dal 2002, la neonata classe regina che ha preso il posto della &quot;vecchia&quot; 500 ha dato modo a numerosi costruttori di sfoggiare dei prototipi tanto potenti quanto belli esteticamente. Ecco quali sono, secondo noi, le migliori cinque

MotoGP: Le 5 moto pi&ugrave; belle dell&#39;era moderna del Motomondiale

Quando si parla di scuola australiana di motociclismo si pensa a piloti del calibro di Bayliss, Corser, Doohan e soci, gente dalla mano pesante sulla manopola del gas ma che guidava molto pulita&hellip;e poi c&rsquo;&egrave; Garry McCoy, il precursore della guida di traverso. Mica per caso soprannominato &ldquo;The Slide King&rdquo;&hellip;&nbsp;  L&rsquo;ultima volta lo abbiamo visto gareggiare nel World GP Bike Legends (la competizione dedicata alle vecchie glorie del Motomondiale) e calarsi nel ruolo di coach e consigliere di potenziali astri nascenti del motociclismo aussie. In passato per&ograve; ha corso a lungo nel Motomondiale ed &egrave; transitato sia dalla Superbike che dalla Supersport lasciando tante virgole nere in giro per i tracciati.  Gli Inizi   Nato a Sydney il 18 aprile 1972, il giovane Garry ha iniziato nel campionato nazionale per poi passare subito al Motomondiale in classe 125 con una Rotax ottenendo zero punti nelle tre gare disputate da wild card.&nbsp;  Il Motomondiale &ndash; 125   La prima stagione effettiva di Garry nel Motomondiale &egrave; il 1993, in 125 con l&rsquo;Aprilia. Chiude 19&deg; con 25 punti conquistati ed un settimo posto a Laguna Seca come miglior risultato in gara.  Nel 94 centra i primi due podi di carriera e chiude al tredicesimo posto con 56 punti.  Passa ad Honda per il 95. Ottiene la vittoria in Malesia sotto l&rsquo;acqua ma viene licenziato dopo la gara in Spagna per divergenze con la squadra.  Torna quindi in Aprilia per il biennio 96-97. Nel 96 &egrave; 12&deg; con 87 punti e vince l&rsquo;ultima gara stagionale in Australia, mentre nel 97 chiude 7&deg; con 109 punti ed altri due podi conquistati.  La 500     Garry decide di saltare la classe di mezzo (come Miller) per passare alla 500 nel 98 in sella alla Honda NSR500 V2 del team Shell Advance. Chiude 17&deg; con soli 23 punti conquistati.  Nel 99 passa al team RedBull WCM Yamaha dalla gara di Assen al posto dell&rsquo;infortunato Crafar. Chiude 14&deg; con 65 punti ed il podio a Valencia come miglior risultato in gara.  Nel 2000 &egrave; ancora con RedBull WCM Yamaha. Vince in Sudafrica, Portogallo e Valencia salendo sul podio altre tre volte per chiudere al quinto posto con 161 punti (miglior risultato di sempre in carriera)  Per la stagione 2001 &egrave; confermato nel team RedBull Yamaha. Inizia con un podio in Giappone alle spalle di Rossi. Un infortunio gli fa saltare 5 gare. Rientra in Germania e coglie altri due podi chiudendo al 12&deg; posto con 88 punti.  La MotoGP   Inizia il 2002 ancora con la ormai lenta Yamaha YZR500 2T. Un infortunio in inverno ed un altro durante la prima parte di stagione non permettono a Garry di correre al meglio. Finisce l&rsquo;anno con 33 punti in 20^ posizione  Nel 2003 passa al team Kawasaki Racing riuscendo finalmente a guidare una 4T. Dispensa traversi a ripetizione ma racimola solamente 11 punti con un 9&deg; posto in Francia sul bagnato come miglior risultato.  Disputa le tre gare finali del 2004 in sella alla Aprilia RS Cube al posto di Shane Byrne ma non ottiene punti.  Lo si rivede sul finale del 2006 con la Ilmor X3 di 800 cc sviluppata nei mesi precedenti in vista del campionato 2007. Va a punti sia in Portogallo che a Valencia risultando quindi la prima moto 800 ad andare a punti.  Pensava di diventare pilota titolare nel 2007 ma al suo posto vengono scelti Andrew Pitt ed il 42enne Jeremy McWilliams.  Nel 2010 tenta di tornare in MotoGP con una tre cilindri 800 del team FB Corse. Il progetto mancava per&ograve; di competitivit&agrave; ed il 7 giugno di quell&rsquo;anno team e McCoy hanno terminato consensualmente il contratto.  Presentato il team FB Corse  La sua avventura nel Motomondiale si chiude con 5 vittorie, 17 podi, 579 punti, 2 pole in 139 gare disputate.  La Superbike   &nbsp;  In cerca di nuovi stimoli dopo una deludente (per usare un eufemismo) stagione 2003, nel 2004 si rifugia in Superbike con la Ducati 999 del team Xerox-Nortel Networks. Vince gara-2 in Australia e va a podio in entrambe le gare di Monza chiudendo il campionato al sesto posto con 199 punti.  Nel 2005 si fa ammaliare dal progetto Petronas. Purtroppo per lui quell&rsquo;anno si riveler&agrave; poco competitivo: 15 punti totali conquistati e 22&deg; posto in campionato  &nbsp;  La Supersport   Nel 2008 tenta l&rsquo;avventura nella classe cadetta delle derivate. In sella alla Triumph conquista 13 punti chiudendo al 26&deg; posto  Nel 2009 &egrave; confermato in squadra e la stagione &egrave; decisamente diversa rispetto alla precedente. Primo podio per Triumph in Inghilterra dietro Lascorz e Crutchlow, e secondo podio in Portogallo per un 8&deg; posto finale con 98 punti. 

Dal Giappone voliamo nella vicina Australia per una puntata speciale della nostra rubrica dedicata al maestro dei traversi, sparsi per le piste di Motomondiale, Mondiale Superbike e Supersport

Che fine ha fatto: Garry McCoy

Oggi, al pari del suo connazionale Shane Byrne, &egrave; un valido commentatore sia della MotoGP su BT Sport che anche della Superbike, essendone stato pilota di entrambe le categorie. In pochi per&ograve; sanno che Neil Hodgson ha disputato delle stagioni nel Motomondiale in 125 e 500 agli inizi della sua carriera, &egrave; stato campione sia del BSB che del Mondiale Superbike, ha corso nell&#39;AMA Superbike con discreti risultati ed ha chiuso la sua carriera nel 2010 nel BSB.&nbsp;  Gli inizi   Nato a Burnley il 20 novembre 1973, inizia la sua carriera nel Motocross per poi passare alla pista disputando alcuni campionati minori. Debutta poi nel campionato britannico e nel 1992, a 19 anni di et&agrave;, vince il titolo nazionale classe 125.  Il Motomondiale - 125 e 500   La vittoria del titolo britannico 125 apre le porte del Motomondiale al giovane inglese. Nello stesso anno della vittoria del titolo nazionale, 1992, disputa la gara di Donington Park della 125 in sella ad una Honda come wild card senza per&ograve; raccogliere punti.  Nel 1993 completa la sua prima stagione in 125 raccogliendo 18 punti (10&deg; a Donington come miglior risultato in gara) chiudendo al 24&deg; posto.  L&rsquo;anno seguente &egrave; ancora in 125 ma la stagione si rivela un disastro: zero punti nelle 12 gare disputate.  Nelle ultime due gare del 94, Argentina e Barcellona, si trasferisce in 500 con il team Harris Yamaha andando subito a punti in Argentina con il 15&deg; posto.  Per la stagione 95 passa al team WCM disputando la prima parte in sella ad una ROC Yamaha per poi passare ad una Yamaha YZR500. Chiude il campionato all&rsquo;11&deg; posto con 54 punti ed il 7&deg; posto a Donington come miglior risultato in gara.  I talenti SBK che hanno fallito in 500  La Superbike - primo stint   Debutta in Superbike nel 1996 in sella ad una Ducati 916 del team Ducati Corse e coglie il suo primo podio a Laguna Seca in gara-1. Chiude la stagione al 10&deg; posto con 122 punti.  Per il 1997 decide di rimanere in Ducati. La stagione &egrave; tutto sommato positiva, senza acuti di rilievo ma sempre rimanendo in top 10. Chiude al 9&deg; posto con 137 punti e tre quarti posti come miglior risultato in gara.  Nel 1998 passa al team Kawasaki Racing in sella ad una ZX-7RR. La stagione &egrave; complicata per l&rsquo;inglese che chiude all&rsquo;11&deg; posto con 124,5 punti e un 4&deg; posto a Monza come miglior risultato.  Il BSB   Le esperienze non certo brillanti nel Mondiale convincono Hodgson a tornare nel BSB a fine 98 per &ldquo;ricostruirsi&rdquo; la carriera e ritentare il rientro successivo. L&rsquo;aria di casa fa bene a Neil che nel 2000, in sella alla Ducati del team GSE, fa suo il titolo nazionale dopo una dura battaglia con Chris Walker. E&rsquo; il preludio al ritorno in Superbike per il 2001, ma prima un paio di wild card nel Mondiale&hellip;  La Superbike - secondo stint   Nel 2000, mentre &egrave; impegnato nel BSB, disputa da wild card i tre round inglesi del Mondiale. Su sei gare disputate centra 2 vittorie, le prime della carriera, e quattro podi complessivi pi&ugrave; un quarto posto nel round finale chiudendo al 12&deg; posto con 99 punti.  SBK, nel 2000 &quot;tutti&quot; nudi per Neil Hodgson a Donington Park  Per il 2001 si ri-trasferisce ancora nel Mondiale Superbike, sempre con la Ducati del team GSE Racing con al fianco il connazionale James Toseland. Centra la vittoria a Donington in gara-1 e sale sul podio complessivamente 7 volte chiudendo al 5&deg; posto con 269 punti.  Nel 2002 passa al team HM Plant con la Ducati 998F01 (la moto di Bayliss dell&rsquo;anno prima). 9 podi su 26 gare gli permettono di chiudere l&rsquo;anno al terzo posto con 326 punti. Stagione incredibilmente regolare quella di Hodgson, sempre a punti e sempre in top 10, due soli ritiri.  Con Bayliss partito alla volta della MotoGP, il team factory Ducati Fila punta su di lui per il 2003 affidandogli la nuovissima 999F03. Neil non delude le aspettative, mette in fila 9 successi nelle prime 10 gare. Ne vince poi altre 4 (due a Silverstone, gara-2 di Assen, gara-1 di Magny Cours) sommando in totale 20 podi. Fa suo il titolo, primo ed unico in carriera, con 489 punti.  La sua carriera in Superbike si chiude con 1 mondiale, 147 gare, 16 vittorie, 41 podi, 16 pole e 1566,5 punti.  Il Motomondiale - MotoGP   Il regalo di Hodgson da parte di Ducati per la conquista del titolo Superbike 2003 si chiama MotoGP. Neil firma con il team D&rsquo;Antin MotoGP per guidare una Desmosedici in coppia con Ruben Xaus nel 2004. Per Hodgson si tratta di un ritorno nel paddock del Motomondiale, 9 anni dopo l&rsquo;ultima volta. La stagione &egrave; molto complicata per l&rsquo;inglese che raccoglie solamente 38 punti in 16 gare, frutto di sole 8 gare a punti con un 8&deg; posto a Motegi come miglior risultato. Beffa delle beffe il rookie dell&rsquo;anno &egrave; Ruben Xaus, suo compagno di squadra.  L&rsquo;AMA Superbike   A fine 2004 si trasferisce in America per disputare l&rsquo;AMA Superbike, essendo il team Ducati Sbk al completo. Con la Ducati factory del team Parts Unlimited chiude la stagione di debutto al sesto posto, quinto nel 2006.  A fine 2006 il team ufficiale Ducati si ritira e Neil rimane a piedi. Per il 2007 si accorda con Honda Corona per correre da wild card la gara di Laguna Seca.  Disputa la stagione 2008 con Honda chiudendo al sesto posto con due podi, mentre nel 2009 chiude 11&deg; saltando anche alcune gare per un infortunio alla spalla facendo motocross in allenamento.  Ritorno nel BSB e ritiro   A fine 2009 opta per il ritorno in Gran Bretagna per disputare il BSB 2010. Firma per il team Motorpoint Yamaha ma un incidente durante la prima prova a Brands Hatch aggrava le condizioni della spalla infortunata pesantemente la stagione precedente nell&rsquo;AMA.  Il 23 aprile 2010 annuncia il ritiro dalle competizioni per i guai fisici alla spalla dell&rsquo;ultimo periodo.  Neil Hodgson si ritira dalla corse 

Il terzo atleta di Sua Maest&agrave; a finire sotto la lente d&rsquo;ingrandimento del nostro focus &egrave; il due volte campione Superbike, britannica e Mondiale, con un passato nel Motomondiale e nell&rsquo;AMA Superbike, l&rsquo;odierno MotoAmerica

Che fine ha fatto: Neil Hodgson

La stagione 2021 dell&#39;Australian Superbike Championship &egrave; ripartita con il medesimo leitmotiv dello scorso. Al Winton Motor Raceway di Benalla, infatti, sono stati i &quot;soliti&quot; Wayne Maxwell e Troy Herfoss a dare spettacolo nelle due gare, con Mike Jones terza forza e diversi occhi puntati su Oli Bayliss, figlio del tre volte campione del mondo, che al debutto nella classe regina ha ben figurato.  Gara 1: Maxwell batte Herfoss all&#39;ultima curva   Gara 1 parte con un grande spavento causato da Lachlan Epis, la cui BMW S1000RR resta ferma sulla quarta casella in griglia, venendo fortunatamente evitata da tutti. Poi, come da pronostico, il campione in carica Wayne Maxwell e Troy Herfoss tentano la fuga, imponendo un ritmo semplicemente insostenibile per tutto il resto del gruppo, ad eccezion fatta per Mike Jones, comunque staccato di circa tre secondi.  Il duo di testa d&agrave; vita ad una lotta incerta fino alla curva Yamaha, l&#39;ultima del tracciato, dell&#39;ultimo giro. Qui, Maxwell riesce a sopravanzare Herfoss, che fuori traiettoria scivola nella via di fuga e termina la gara in undicesima posizione dopo essere ripartito. Al secondo posto arriva l&#39;altra Ducati, quella di Mike Jones, mentre occorre aspettare oltre venti secondi per trovare la Yamaha di Halliday, terzo in volata su Allerton. &quot;Buona la prima&quot; per Oli Bayliss, che chiude in settima posizione.    Daytona 200: Brandon Paasch vince in volata la 79esima edizione  Gara 2: Herfoss scappa in solitaria   Se nella prima manche il risultato finale &egrave; incerto fino all&#39;ultimo, nella seconda non viene messo in discussione. Partito dalla pole position, Troy Herfoss scappa e neanche Maxwell riesce a tenere il suo ritmo, restando infatti a circa due secondi di distanza dal portacolori Honda.  Finisce cos&igrave;, con Herfoss che vince Gara 2 e Maxwell, secondo, che lascia Winton da leader della classifica. Alle loro spalle, &egrave; ancora una volta Mike Jones la terza forza, mentre in quarta posizione troviamo un sorprendente Oli Bayliss, che vince un lungo duello con l&#39;ex pilota del mondiale Moto3 Arthur Sissis, quinto.  Il prossimo round sar&agrave; tra un mese, nel fine settimana del 16-18 aprile, dove l&#39;Australian Superbike correr&agrave; al Wakefield Park Raceway.  Che fine ha fatto: Shane Byrne 

Sul tracciato situato nella citt&agrave; di Benalla &egrave; andato in scena il primo round stagionale del campionato australiano Superbike, con il campione in carica e il pilota Honda vincitori. Bene anche Oli Bayliss al debutto

ASBK: Maxwell e Herfoss protagonisti assoluti a Winton

Non &egrave; certamente una sorpresa che la 200 Miglia di Daytona sia una delle corse motociclistiche pi&ugrave; incerte e spettacolari della stagione. L&#39;edizione 2021, la 79esima della storia, non ha deluso le aspettative con duelli al fotofinish per tutte le posizioni di vertice, grandi sorprese, ritiri eccellenti ed anche una bandiera rossa.  Sean Dylan Kelly, scattato dalla pole position, &egrave; partito imponendo immediatamente un gran ritmo alla corsa e portando con s&egrave; Brandon Paasch, Kyle Wyman e Michael Barnes, in fuga dopo una decina di giri. Un contatto con un doppiato ha per&ograve; causato la caduta dello stesso Wyman, vincitore dell&#39;edizione 2019, e la conseguente esposizione della bandiera rossa dopo diciannove giri.  Lotta a due dopo la ripartenza   Alla seconda partenza, &egrave; nuovamente Sean Dylan Kelly a tentare la fuga, senza per&ograve; riuscire a staccare Brandon Paasch, Michael Barnes e Tyler O&#39;Hara, che restano in lotta fino al momento del pit stop. Negli ultimi venti giri, per&ograve;, la lotta per la vittoria si restringe a Kelly e Paasch, il quale attende il momento giusto per tentare l&#39;attacco, che arriva all&#39;uscita della chicane finale all&#39;ultimo giro, beffando il pilota della Suzuki per una manciata di millesimi.&nbsp;  Kelly chiude cos&igrave; al secondo posto, non riuscendo a diventare il pi&ugrave; giovane vincitore di sempre a Daytona, record che appartiene ancora a Brad Andrews, trionfatore dell&#39;edizione del 1955 all&#39;eta di 18 anni e 11 mesi. Completa il podio Tyler O&#39;Hara, che beffa a sua volta il 52enne Michael Barnes per appena dieci millesimi. Quinto il plurivincitore Danny Eslick, sesto il baby-prodigio Rocco Landers.    Michael Dunlop chiude 11&deg;   Si conclude con una grande undicesima posizione finale l&#39;avventura oltreoceano per l&#39;asso delle corse su strada Michael Dunlop. Iscritto inizialmente con una Yamaha R6, una serie di problemi ed il passaggio alla Kawasaki hanno costretto il 19 volte vincitore del Tourist Trophy a partire dalla 21esima posizione, ma una grande rimonta ed una strategia perfetta per il pit stop nella seconda parte di gara gli hanno permesso di lottare per la top ten, ritrovandosi anche in nona posizione a pochi giri dalla fine.  Road Races: cancellate tutte le gare 2021 sull&#39;Isola di Man  La classifica finale     Che fine ha fatto: Shane Byrne 

Il giovane statunitense ha trionfato al termine di un memorabile duello con Sean Dylan Kelly. Tanti i colpi di scena, tra cui il ritiro di Kyle Wyman e la conseguente bandiera rossa. Chiude 11&deg; Michael Dunlop

Daytona 200: Brandon Paasch vince in volata la 79esima edizione

Oggi &egrave; il commentatore per Eurosport UK al seguito del Mondiale Superbike e del BSB ma fino al 2018 del campionato inglese ne &egrave; stato pilota e sei volte campione, quattro con Ducati e due con Kawasaki, oltre ad aver vinto due gare nel Mondiale Superbike ed essere stato in MotoGP. Stiamo parlando di Shane &ldquo;Shakey&rdquo; Byrne.  Gli inizi   Nato a Lambeth il 10 dicembre 1976, la sua carriera si sviluppa principalmente nel campionato nazionale. Dopo una lunga gavetta nei confini inglesi, nel 1998 partecipa al round europeo del Mondiale Supersport a Brands Hatch in sella alla Yamaha senza peraltro riuscire a partire per la gara.  La Superbike   Da pilota Ducati nel BSB disputa un paio di gare inglesi come wild card nel Mondiale Superbike, Silverstone e Brands Hatch. Nel primo round fa 9&deg; e 5&deg; mentre a Brands Hatch &egrave; due volte 10&deg; chiudendo con 30 punti in 21^ posizione.  Nel 2003 disputa come wild card il round di Brands Hatch vincendo entrambe le gare, uniche in carriera in Superbike.  Il 2009 &egrave; l&rsquo;anno della prima stagione effettiva di Shakey in Superbike con la Ducati del team Sterilgarda. Stagione che lo vede andare a punti in 22 gare su 28 con un paio di acuti importanti: il secondo posto a Misano in gara-1 alle spalle di Spies ed il doppio quarto posto nel round finale di Portimao per un totale di 192 punti e l&rsquo;8^ posizione finale.  Rimane in Superbike anche nel 2010 con la Ducati del team Althea al fianco di Carlos Checa. Stagione che lo vede andare a punti in tutte le gare tranne gara-1 a Valencia ma senza salire sul podio. Tre volte sesto come miglior risultato, chiude a quota 169 punti in 10^ posizione.  La sua carriera in Superbike si chiude con 2 vittorie, 3 podi e 441 punti in 60 gare disputate.&nbsp;  La MotoGP     Il successo nel BSB del 2003 apre le porte della MotoGP a Byrne per il 2004. A chiamarlo &egrave; il team MS Aprilia Racing per guidare la RS Cube, evoluta rispetto all&rsquo;anno precedente. Byrne fa molta fatica e la stagione non decolla. Racimola solo 18 punti nelle 11 gare completate chiudendo al 20&deg; posto.  Nel 2005 inizia la stagione in sella alla Proton KR5 KTM: raccoglie solo 1 punto in 9 gare. In Malesia e a Losail sostituisce Bayliss sulla Honda del team di Sito Pons andando a punti in entrambe le gare e chiudendo la stagione con soli 6 punti al 24&deg; posto.  La carriera in MotoGP termina con 24 punti in 20 gare disputate tra il 2004 ed il 2005.  Il BSB   Gran parte della carriera di Shane si sviluppa nel campionato inglese Superbike. Nel 2003 centra il suo primo titolo inglese in sella alla Ducati 998F02 del team di Paul Bird con 488 punti e 12 vittorie su 24 gare e 5 pole position.  Dopo le esperienze fallimentari in MotoGP, torna nel campionato inglese arrivando a prendersi il secondo titolo nel 2008, sempre in sella alla Ducati del team Airwaves-GSE con 474 punti e 10 gare vinte su 24.  Dal 2011 &egrave; una presenza fissa del campionato inglese. Nel 2011 corre in sella alla Honda del team HM Plant al fianco del giapponese Kiyonari. A fine 2011 lascia Honda per passare in Kawasaki. Con la verdona di Akashi centra il titolo nel 2012 e 2014 prima del rientro in Ducati.  Rientrare in Ducati porta bene al pilota inglese perch&eacute; nel biennio 2016-2017 centra il quinto e sesto titolo nazionale, l&#39;ultimo della sua carriera.  L&rsquo;incidente   Il 17 maggio 2018 si disputano i test infrastagionali a Snetterton. Shane Byrne, sei volte campione, &egrave; in pista per prepararsi alle prossime gare della stagione quando cade alla curva 3. Nell&rsquo;incidente riporta contusioni ad entrambi i polmoni, frattura di tutte le costole, quattro vertebre, collo in due punti, setto nasale, clavicola. Un brutto incidente dal quale Shane ne esce miracolosamente in vita nonostante le tante fratture. Stagione finita ed anche carriera motociclistica finita per l&rsquo;esa campione inglese. 

Il secondo atleta di Sua Maest&agrave; a finire sotto la lente d&rsquo;ingrandimento del nostro focus &ldquo;Che fine ha fatto&rdquo; &egrave; il sei volte campione del BSB con un passato nel Mondiale Superbike ed in MotoGP

Che fine ha fatto: Shane Byrne

This subject is, for fans and staff alike, a heart-felt one, because it involves a manufacturer that has written pages of history across two fields, namely MotoGP and WorldSBK.  Aprilia, the Italian brand that has conquered the world, but not fully. The rapid series of wins in the two-stroke prototype categories and the success it has achieved with the four-stroke maxi bikes contrasts with the &ldquo;work in progress&rdquo; currently going on in the Top Class.  Having officially pulled out of SBK a few years ag, the manufacturer is fully committed to MotoGP, with the Gresini team, with resources focused on one goal, or rather hindering their Japanese rivals and Ducati &lsquo;cousins&rsquo;. In WorldSBK, the riders equipped with bikes built in Noale, were able to do just that. In MotoGP, the road is still long.  Glory to the (beautiful) two strokes   The very first win came at the hands of Loris Reggiani at Misano. It was the 1987 San Marino 250 GP. That historic victory was the first in an impressive series of wins, across the 125 and 250 categories, which saw many riders secure the number 1 plate, or rather Gramigni, Sakata (twice), Rossi, Locatelli, Vincent, Bautista, Talmacsi, Simon and Terol in 125.  In 250 there was Biaggi&rsquo;s triple triumph and single titles for Rossi, Capirossi, Melandri, Poggiali, as well as two for Lorenzo. And added to this were 19 Constructors&rsquo; world titles. The Japanese manufacturers were forced to admit defeat on many occasions.  The adventure in 500 and MotoGP   Interesting, cutting-edge projects and talented riders with great experience, but in both the two-stroke 500 and four-stroke MotoGP classes, Aprilia has not yet scored a podium result, despite the machines being beautiful, fast and technologically advanced.  In 500, the decision to take on its four-cylinder rivals with a twin saw the Italian manufacturer faced with a particularly tough challenge. Unfortunately because, in the meantime, it was smooth sailing across the other classes. Ultimately, Aprilia made the decision to withdraw.  Its subsequent return to MotoGP came as big news, because the RS Cube three-cylinder was devastating, in every way. Unfortunately, the results were not as convincing at the hands of riders such as Edwards, Laconi, Haga and Byrne. This led to another withdrawal and another renewal, and the rest is recent history.  Sam Lowes: &ldquo;I want MotoGP, but not with Aprilia&rdquo;  &nbsp;In WorldSBK, on the other hand...   The first Aprilia seen on the grid was a 60&deg; V twin, a technical choice that ensured reduced bulk, high rotation speed and interesting overall power. After a solid debut for Peter Goddard, success came thanks to Troy Corser, who was able to beat the Japanese and Ducati on various occasions and finish third and fourth overall in 2000 and 2001. Regis Laconi also won a race, at Imola in 2001. After Haga, the project was abandoned, but the best was still to come.  With Max Biaggi and the RSV4 that is. This model became something of an SBK landmark, considering the two titles won by the Italian as well as Sylvain Guintoli&rsquo;s victory in 2014. Between the Italian and the Frenchman, Aprilia&rsquo;s race win tally reached 41, with 89 podiums. A total of seven titles for the manufacturer then, with double rider/constructor wins in 2010, 2012 and 2014. The figures add up.  The voice of the people and our own opinion   That is, the opinion of the fans that buy the papers. In their view, the figures don&rsquo;t add up. Simply compare the mountain of wins on the one hand with not one podium in MotoGP. It&rsquo;s not our job to talk budget and relative visibility, but we have an idea.  Why not listen to the fans? Or rather, why not invest, at least a little, in WorldSBK, working with the new RSV4? The performance of the relatively inexperienced Chris Ponsson and debuting team Nuova M2 Racing has shown what the project is capable of, and it has enviable foundations at the very least.  MotoGP? It&rsquo;s only right to continue on there. It&rsquo;s the top class, and even being there means a lot. If anything, it&rsquo;s time to hire a real top rider. Then, SBK, also SBK, definitely. The people are convinced. In the production-derived series, a Noale bike could win and get people talking about Aprilia. Talking positively of course. We&rsquo;re sure of it.  Translated by Heather Watson  Laverty: &ldquo;WorldSBK is like MotoGP, many riders can win&rdquo; 

The Noale manufacturer is hard at work in the reigning class, but is missing from the production-derived series, where it has scored victories and world titles

Aprilia and the lure of the WorldSBK (fans)

Il tema seguente &egrave;, per appassionati e addetti ai lavori, uno dei pi&ugrave; sentiti, perch&eacute; convoilge una Casa che ha scritto pagine di successi, e due ambiti, quello MotoGP e la SBK.  Aprilia, il marchio italiano che ha conquistato il Mondo, ma non del tutto. I successi a raffica ottenuti nelle categorie prototipali a due tempi e gli allori conquistati tra le maxi a quattro tempi, fanno contrasto con l&#39;avventura ancora &quot;work in progress&quot; nella Top Class.  Da qualche anno disimpegnata ufficialmente in SBK, super impegnata - tramite il team Gresini - in MotoGP, per risorse concentrate tutte in una sola direzione: provare ad infastidire i rivali esteri giapponesi e la &ldquo;cugina&rdquo; Ducati. Nella SBK, i piloti dotati di moto prodotte a Noale ci riuscivano. In MotoGP, la strada &egrave; segnata ma &egrave;&nbsp;ancora lunga.  La gloria a (quei bei) due tempi   La prima affermazione di tappa fu centrata da Loris Reggiani a Misano. Era il Gran Premio di San Marino Classe 250, annata 1987. Quello storico successo apr&igrave;, pi&ugrave; avanti, una striscia impressionante di vittorie, distribuite tra ottavo e quatro di litro, per una lista che ha visto guadagnarsi il numero 1 dai seguenti piloti: Gramigni, Sakata due volte, Rossi, Locatelli, Vincent, Bautista, Talmacsi, Simon e Terol nella 125.    Raddoppiando cilindrata, ricordiamo il triplice trionfo di Biaggi ed i singoli di Rossi, Capirossi, Melandri, Poggiali ed il bis iridato di Lorenzo. A tutto ci&ograve;, si devono sommare risultati prestigiosi che hanno portato ad Aprilia qualcosa come 19 titoli mondiali nella sezione Costruttori. Le case giapponesi dovettero abbassare la testa pi&ugrave; volte.  L&#39;avventura in&nbsp;500 e MotoGP   Progetti interessanti ed avveniristici, piloti talentuosi e dai pesanti curricula, ma sia nella mezzo litro a due tempi che nella MotoGP a quattro tempi ma non arrivarno podi, sebbene le proprie moto fossero belle, veloci e tecnologicamente avanzate.  In 500, la scelta di sfidare con una bicilindrica le rivali dotate di propulsore quattro cilindri, si rivel&ograve; piuttosto, anzi, decisamente ardita. Purtroppo perch&eacute;, nel frattempo, nelle altre classi le cose andavano a gonfie vele. Qualche stagione disputata sottotono e la decisone di uscire.  Il rientro in MotoGP fece parlare, poich&eacute; il tre cilindri della RS Cube era devastante, da ogni punto di vista. Sfortunatamente, le classifiche iridate non furono scalate con la stessa grinta profusa da piloti come Edwards, Laconi Haga e Byrne. Segu&igrave; un nuovo ritiro ed un ulteriore rinnovo, per un quattro cilindri rivisto pi&ugrave; volte, tuttavia scarsamente foriero di risultati. Il resto &egrave; storia recente.  E in SBK...   Diverse sono le vicende raccontate dal paddock delle derivate. Innanzitutto, la prima Aprilia vista in griglia era una bicilindrica a V di 60&deg;. scelta tecnica che garantiva ingombri ridotti, regimi di rotazione elevati e una interessante potenza complessiva. Dopo il buon debutto di Peter Goddard, le vittorie arrivarono grazie a Troy Corser, capace di battere nippo e Ducati pi&ugrave; volte, finendo terzo e quarto nel bienno 2000-2001. Anche Regis Laconi vinse una manche, ad Imola nel 2001. Dopo Haga, il progetto fu abbandonato, ma il meglio stava per arrivare.    Con Max Biaggi e la RSV4. Questo modello &egrave; da considerarsi una pietra miliare della SBK, dato che i titoli vinti dal romano furono due e Sylvain Guintoli si aggiudic&ograve; l&rsquo;edizione 2014. Contestualmente tra il Corsaro ed il francese, le manche contraddistinte dal Marchio di Noale hanno raggiunto quota 41, con 89 podi conquistati. Sette i titoli complessivi nelle derivate, con doppiette Piloti e Costruttori 2010, 2012 e 2014. I conti tornano bene.  La voce del popolo e la nostra opinione  Perch&eacute; non dare retta agli appassionati? Ovvero, perch&eacute; non tornare ad investire almeno un po&rsquo; sulla SBK, mettendo mani e idee sulla nuova RSV4? Le prestazioni del poco esperto Chris Ponsson e del debuttante team Nuova M2 Racing hanno fatto, a tratti, capire quanto&nbsp;il progetto sia&nbsp;tuttavia dotato. Cio&egrave;, godente di una base invidiabile.    La MotoGP, &egrave; giusto continuare a farla. &Egrave; la Top Class e, gi&agrave; esserci, vuol dire tanto. Casomai, con un vero top rider.&nbsp;Poi, la SBK, anche la SBK, decisamente s&igrave;. Il popolo ne &egrave; convinto: nel campionato delle derivate una moto di Noale tornerebbe a vincere e a far parlare&nbsp;la gente di Aprilia. Ne siamo convinti pure noi. 

La Casa di Noale &egrave; impegnata nella Top Class, per&ograve; manca dal paddock delle derivate di serie, dove ha ottenuto vittorie e titoli mondiali

Aprilia e il richiamo (dei tifosi) alla SBK

Il circuito di Kyalami era - voce del verbo &ldquo;essere&rdquo; al passato, poich&eacute; la pista sudafricana &egrave; stata, negli anni, pesantemente modificata - tecnica, veloce, selettiva. Da pioti veri.  Correre laggi&ugrave;, tra saliscendi ed un mega parco naturale, piaceva molto a Michel Fabrizio, autore della sua ultima vittoria di carriera nel 2010.  La gara   Il 16 maggio di 10 anni fa, Mich84 portava nel garage Ducati Xerox il successo di Gara 1, colto con la 1098 R ufficiale, bicilindrica che, nelle mani del pilota romano, volava spedita nei ciechi scollinamenti, piegando forte nei curvoni, specialmente in quelli sinistrorsi.   Scattato dalla prima fila con il quarto crono - aridaje: all&rsquo;epoca la griglia prevedeva quattro piloti per &ldquo;row&rdquo; - Fabrizio, memore dei due secondi posti centrati proprio l&igrave; l&rsquo;anno precedente, decideva di bruciare tutti nello scatto iniziale, inscenando un fuga solitaria.  In pochi passaggi, Michel si ritrovava in testa con un buon margine da gestire: alle sue spalle si consumavano duelli e scaramucce, mentre lui guidava pulito e scorrevole, dopo un metaforico &ldquo;se vedemo&rdquo; nei confronti dei rivali, l&rsquo;arrivo in solitaria sotto la bandiera a scacchi.  Festoso sul podio, con in testa due cappelli - Ducati e Pirelli, nel ringraziamento per entrambi, l&rsquo;allora venticinquenne di Frascati tocc&ograve; l&rsquo;apice del suo rendimento nelle derivate di serie: &ldquo;Cazzo, che vittoria - racconta oggi Michel - dal primo all&rsquo;ultimo giro ho avuto Carlos a 1,2 secondi, in tutti e 24 i passaggi. Il vantaggio rimaneva lo stesso in ogni tornata, pensavo che il meccanico al muretto che mi dava la tabella dei distacchi si fosse addormentato (ride). Sul podio, ho festeggiato spruzzando lo champagne sotto la gonna della hostess... la TV non inquadrava mai il podio, invece, quel giorno l&rsquo;ha fatto vedere e... niente, pi&ugrave; tardi mia moglie me ne ha dette quattro, forse pure cinque&rdquo;.    Gli avversari battuti   Per farvi comprendere quale fosse il livello della SBK 2010 e quanto fosse il numero 84 forte, eccovi la lista di titoli battuti da Fabrizio in quel di Kyalami, giunti nel seguente ordine:  &nbsp;- Carlos Checa, vittorie in 500, podi in MotoGP e futuro campione SBK 2011  - Leon Haslam, vittorie in SBK e futuro campione BSB  - Max Biaggi, quattro titoli in 250, vittorie in 500 e MotoGP, due mondiali vinti in SBK, il primo proprio nel 2010  - Johnny Rea, cinque volte iridato SBK dal 2015 al 2019  - Leon Camier, campione BSB e autore di podi in SBK   - James Toseland, due volte campione del mondo SBK  - Cal Crutchlow, iridato Supersport, vincitore di gare in SBK ed in seguito in MotoGP  - Jakub Smrz, podi in SBK  - Sylvain Guintoli, futuro campione SBK  - Luca Scassa, vice iridato Supersport  - Troy Corser, campione del mondo di categoria nel 1996 e nel 2005  - Sheridain Morais, protagonista in Supersport e ottimo conoscitore della pista di casa  - Ruben Xaus, autore di vittorie in SBK e podio in MotoGP  - Noryiuki Haga, vicino all&rsquo;iride SBK pi&ugrave; volte  - Shane Byrne, pluricampione BSB, due vittorie in SBK   - Tom Sykes, numero 1 SBK nel 2013  - Chris Vermeulen, iridato Supersport, pi&ugrave; volte primo in SBK, podi e vittoria in MotoGP  Vi pare poco?  #IoRestoaCasa: Melandri e Fabrizio si sfidano a suon di &ldquo;lato B&rdquo; - FOTO 

Il pilota romano numero 84 della Ducati bruciava tutti allo spegnersi del semaforo e li seminava con un passo vincente. In Sud Africa l&#39;ultimo di quattro successi nelle derivate

238 risultati per 'Byrne'